POESIE
IL LADRO DA VILLA E LA SERRATURA
Era notte buia e fonda
i cani ululavan da lontano …
una villa solitaria e … da brutture monda
fronzuti e secolari olmi e piante aveva
che le facean compagnia e sponda
una nera losca ombra, alta strana
di deverse sembianze
or pigra or lesta
or qua or là spuntava
e né piè, né corpo
né mani, né testa
definir lasciava
alte le finestre, ben ferrate aveva
la solitaria e nobil dimora …
belle e forti le porte e i cancelli,
con possenti spranghe, robusti
lucchetti, arcigne le serrature
fu in una di queste che
quell’ombra si fermò pensante,
e rivolse ad essa tutte
le risorse dei suoi satanici pensieri
or con lusinghe, or con minacce
ma la nobil serratura … mai consentì
contrariato ed iracondo
quella insistente e perfida ombra
non cambiò parer né condizione
col pensiero e arnesi alla mano, credè di arrivar
con loro ,,, molto lontano
cominciò coi fidi grimaldelli
ma anche questi e tutti quanti
non facean i miracoli …. Che fanno i santi
e mogi mogi un per un
tristi arnesi, né util né belli
risultaron … tutti quelli
l’ultima speranza l’ultima parola
fu data al robusto e fido palanchino
per provar la fede dell’arcigna serratura
quanta ne aveva …. E fin dove arrivava
ma la perfida leva scornata … vinse no’
e la possente porta, ben protetta e inviolata
raggiante e trionfante … evviva urlò
l’ombra malvagia diventò maligna
s’adira ancor di più
di impotente rabbia e di lurido … ribrezzo
verso l’eroica e potente serratura
maledetta : disse, Maledetta le disse e le ridisse mille volte,
e figlia impura, di can matto di pessima natura
poi … la triste ombra tosto si calma e s’ammutolì
e si fermò; sembrò placa umiliata e vinta
poi cambiò posizion argomenti e direzione
strisciò il bruno muro, della signoril dimora
disparve; poi ricomparve ancora, poi si confuse e sparì
ed un silenzio … da tomba rotirnò
i cani lontani non ululan più
i cupi e secolari olmi ondeggian
lievemente le doviziose fronde
un romantico ruscello cadenza e gorgoglia
e … un usignol divinamente cantò
IL CANCELLO DEL CAMPOSANTO
In una stradetta solitaria ed erbosa
confinava l’eterna dimora di gente che fu
poche e disadorne eran le tombe
un po’ di più le lapidi e le croci
non tutte uguali e non tutte ritte
Un debol muricciol e vari cipressi
ne delimitan spazio e confine
due pietrosi pilastri ed un ferreo cancello
fungevan da insegna e ingresso
ai pochi morti ed ai non troppi vivi
Tutto è squallido e incolto quassù
ed erbacce sterpi e rovi fan comunella
con sorci rospi e vispe lucertole
qualche uccelletto compare e saltella
si rincorre viene e và …..e frullando sparisce
Qualche volta si presenta lì …. di fronte
al rugginoso sbarramento un anima viva
quasi sempre la stessa coi soliti arnesi
infilza e armeggia scuote e borbotta
a una cigolante e ribelle serratura
Cigolante la serratura ancor di più
i cardini catenacci e chiavistelli
stan zitti soltanto quando son fermi
a chi li tocca o comunque li molesta
fan sentire subito la sua stridula voce
Un triste giorno verso sera
Le nubi era dense e minacciose
Le morte foglie sembravan uccelli
Nei vortici dell’atmosfera
La natura era avvolta di mestizia nera
LA PREGHIERA DEL FABBRO
San Giorgio, aiuta la bottega mia,
dammi il giusto pane ed anche un raggio
di bellezza, ch’io ognor prenda coraggio.
Crivellate di fuoco ho le mie braccia
m’arde la fiamma, notte e
di, in faccia,
il cuor mi batte nuovo, ogni
massello:
reggetemi forte, tenaglie e
martello.
Nel sangue si battezzano le spade,
vomeri e vanghe nelle pie rugiade,
chiodi e spine in Gesù e Maria;
il ferro è bianco: aiuta e così sia.
SENZA TITOLO
Un triste giorno verso sera
Le nubi era dense e minacciose
Le morte foglie sembravan uccelli
Nei vortici dell’atmosfera
La natura era avvolta di mestizia nera
LA TORRE DI VISONE
Una eccelsa e vetusta torre
diruta ma non decrepita
salda e robusta ancor si erge
sul ciel e nei secoli
Quante vicende liete e tristi
dell’uman storia delle genti
di grandi e piccol cose e avvenimenti
fosti muta e sorda testimone.
Tu sei ancor salda e forte
e il tempo non ti fa paura
l’abbandon dell’umana neglizia
non ti preoccupa ancor
Di mille e mille bufere e intemperie
tempeste d’ogni tipo stagione e direzione
nè i tremendi gel di lunghi inverni
nessun ebbe possanza in te.
Nessun ha vinto e tutti han perso
il falco volteggia nel solenne e silente ciel
le rondini garriscono intorno, e nella notte
buia e fonda un lugubre canto dell’ospite gufo